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SportFestival, arrivederci al 2009

Cala il sipario sulla seconda edizione dello SportFestival di Predazzo. A poche ore dalla chiusura ufficiale è difficile parlare di bilanci, ma, a giudicare dalle parole dei tanti ospiti e dai sorrisi dei bambini che piano piano lasciavano la Val di Fiemme - "Possiamo restare ancora un po'?L'anno prossimo torniamo?" le frasi rivolte ad allenatori, genitori e dirigenti - possiamo riferire di un grande successo. Il centro sportivo Le Fontanelle si è trasformato in un grande villaggio dello sport dentro il quale tanti ragazzi hanno giocato senza soste per tre giorni insieme agli oltre cinquanta campioni che sono passati a Predazzo. Oltre a questo c'è stato spazio per la cultura, con momenti di grande interesse insieme a personaggi di spessore, per il benessere, con i test del Cebsim e le lezioni di Alina Suder e per lo spettacolo, con i Giochi Trentini e le esibizioni. Come ha detto l'assessore allo sport della Provincia autonoma di Trento Iva Berasi i margini per migliorare o per fare un ulteriore salto di qualità ci sono, perchè certamente lo SportFestival ha superato l'esame di maturità.
Dalla prima mattina i ragazzi hanno ripreso l'attività sul campo, dimostrando che la parola stanchezza non esiste nel loro vocabolario. Senza soste, se non per divorare i pasti, hanno corso da una postazione all'altra: una partita a calcio, qualche lancio e placcaggio nel rugby, qualche freccia lanciata con il tiro con l'arco, un giro in bicicletta, un fuori campo con la mazza da baseball e via così per tutta la giornata. Nel frattempo i "grandi" hanno ascoltato la conferenza sulla pedagogia, con ospiti illustri e preparati come il docente universitario ed esperto di processi formativi Franco Cesaro, ha dato la parola a Fulvio Scaparro, psicoterapeuta e scrittore nonchè pedagogista di rilievo nel panorama italiano, a Lucia Castelli, educatrice e collaboratrice del settore giovanile dell'Atalanta, Paolo Crepaz, docente Universitario di Pedagogia dello Sport e coordinatore del progetto Sports4Peace e Federico Schena, professore universitario e responsabile del Centro di Ricerca Cebism.
Si sono chiusi anche i Giochi Trentini: il Palio dell'Aquila è rimasto nella bacheca della rappresentativa di casa, la Val di Fiemme. I ragazzi capitanati da Andrea Daprà si sono dimostrati anche in questa seconda edizione i più bravi, chiudendo al primo posto superando di un soffio Trento. Gli ottanta partecipanti si sono divertiti per due giorni, sfidandosi con il sorriso sulle labbra, anche se la voglia di vincere ed un pizzico di agonismo, in fin dei conti, ci sono sempre.

CONFERENZA: "PEDAGOGIA E SPORT"

Chi non ha assistito all'incontro svoltosi questa mattina presso l'area conferenze dello SportFestival ha certamente perso una bella occasione per poter capire qualcosa di più sul mondo dello sport. La tavola rotonda era rivolta soprattutto ad allenatori, dirigenti e famiglie: lo sport, infatti,è una responsabilità di tutti, non solo degli attori principali, ovvero gli atleti. Il docente universitario ed esperto di processi formativi Franco Cesaro ha dato la parola a Fulvio Scaparro, psicoterapeuta e scrittore nonchè pedagogista di rilievo nel panorama italiano, a Lucia Castelli, educatrice e collaboratrice del settore giovanile dell'Atalanta, a Paolo Crepaz, docente Universitario di Pedagogia dello Sport e coordinatore del progetto Sports4Peace e a Federico Schena, professore universitario e responsabile del Centro di Ricerca Cebism.
Di grande attualità l'intervento di Scaparro. "Vorrei soffermarmi sulla figura dell'arbitro. Ultimamente si parla più di loro che non di sport giocato: d'altra parte noi italiani siamo maestri nella ricerca degli alibi e questo è un sintomo della scarsa cultura che c'è. La competizione sportiva ha origine nella guerra: una sfida che ha delle regole e chi le fa rispettare, ovvero un arbitro, è sport, mentre quella che non le ha è guerra. Non è mia intenzione beatificare le "giacchette nere": loro sbagliano, possono essere incompetenti o non preparate, ma quando una partita ha inizio loro devono diventare "sacri" e non perdere la loro legittimità . Perchè il rugby è riconosciuto come lo sport del fair play e del rispetto delle regole? Non certo per il terzo tempo, erroneamente individuato dalla Figc come chiave per risolvere ogni problema, ma semplicemente perchè è una disciplina che impone rispetto per il direttore di gara. Basta una parola di troppo o un'occhiataccia all'arbitro per retrocedere di dieci metri, ovvero perdere il terreno conquistato con sangue e sudore. Il fair play non si impone, ma bisogna educare ad averlo. E per farlo credo bisogna iniziare da basso, dai bambini che si avvicinano all'attività , come i tantissimi che ho visto correre e saltare qui a Predazzo, e poi è fondamentale allargare il discorso a famiglie, allenatori e dirigenti".
Rimanendo in tema calcistico la parola è poi passata a Lucia Castelli che lavora con l'Atalanta, riconosciuta dalla Uefa come miglior vivaio italiano e quarto in Europa: una spa che, come ha precisato, "invece che produrre pomodori coltiva talenti". Il suo ruolo nello sport è quello di educare. "Lo sport è un veicolo di crescita. Ma per chi? Per i giovani ovviamente, ma anche per gli adulti, anche se è difficile individuare chi deve occuparsi dei "grandi". Educare attraverso lo sport è difficile: l'attività sportiva, infatti, è antidemocratica per natura: in quanti vincono una gara? In quanti vincono un campionato? Uno solo. E quindi insegnare attraverso uno strumento che esclude è difficile. Sarebbe più immediato usare altri mezzi, come l'arte, la cultura e la letteratura. Investire in educazione, inoltre, non paga e credo che gli sponsor apprezzino di più chi vince rispetto a chi ha un comportamento culturalmente ineccepibile. Inoltre teniamo presente che in Italia solo il 30% della popolazione fa sport. Però piace parlarne, e lo dimostrano i quattro quotidiani interamente dedicati ad esso".
Chi si occupa di sport, di cultura e di educazione a 360 gradi è Paolo Crepaz. "Con SportMeet e Sport4Peace, i due progetti che sto portando avanti, cerchiamo di far percepire che l'attività sportiva è fondamentale per creare una fratellanza universale. Un ruolo fondamentale in tutto ciò lo hanno gli educatori, ovvero dirigenti, allenatori e famiglie, e perciò è importantissima anche la formazione dei formatori. Bisogna far passare dei messaggi positivi rivolti ai ragazzi, perchè possano crescere. Per fare tutto ciò noi usiamo un dado a sei facce ognuna dalle quali rappresenta una regola da seguire per stare bene con sè stessi e con gli altri. Nei due mesi precedenti l'Europeo di calcio in corso abbiamo organizzato dei momenti per educare al rispetto arbitri, ragazzi e tifosi. Infine mi preme ricordare l'importanze del cosiddetto "self challenge", ovvero la sfida è prima di tutto con sèstessi e non con gli altri".
Prima di qualche considerazione finale Federico Schena, oltre ad analizzare il ruolo dell'attività sportiva nella vita di una persona, ha voluto parlare di doping e di come "questo tentativo sempre più utilizzato di prendere scorciatoie per fregare gli avversari, ma anche sè stessi, sia totalmente in contrasto con l'idea di sport.E' necessario quindi fare di tutto per sconfiggere questo virus: i test vanno benissimo, ma è fondamentale educare gli atleti alla sconfitta, far percepire loro che tutti hanno dei limiti e che la salute è indispensabile".
Tutti spunti, parole, riflessioni di grande attualità e di grande interesse. La speranza è che abbiano colto nel segno e, considerato che il dvd della conferenza sarà mandato nelle scuole ed utilizzato per alcuni corsi, siano una base per costruire un futuro dello sport sempre migliore.

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