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Festival dello Sport

Michel Platini, “Le Roi” che ha fatto la storia del calcio

Tutto esaurito e tanti applausi all’auditorium Santa Chiara per uno degli eventi conclusivi della prima giornata dell’ottava edizione del Festival dello Sport di Trento, l’incontro con il Pallone d’Oro bianconero Michel Platini. Una figura che ha lasciato un segno indelebile nel calcio italiano e nella Juventus, ma che nella stessa vita ne ha vissute tante: da calciatore ad allenatore, fino alle massime cariche nel calcio internazionale. Tra simpatiche sfide Italia-Francia sulla scelta di cibo e attori, fino ai retroscena di mercato e ai ricordi delle partite più importanti, Platini ha ripercorso la sua storia con il cuore diviso tra la nazione in cui è nato e quella che lo ha reso grande.

Il re del pallone che ha contraddistinto gli anni Ottanta. Quelli di un calcio decisamente diverso dallo sport che vediamo oggi, trasformato sotto ogni punto di vista. Michel Platini ha cambiato la storia della Juventus e a Trento, in un auditorium Santa Chiara da tutto esaurito, ha raccontato le sue tre vite: quella da calciatore, da allenatore della nazionale francese e poi da presidente della UEFA. Un percorso di vita che lo stesso Platini ha definito ‘bizzarro e speciale’.
«Quando decisi di andare via dalla Juventus, mi chiesero di firmare un altro contratto, ma risposi che ormai avevo deciso di smettere, assicurando però che non sarei andato in un altro club – ha raccontato. – Quando arrivai in Italia non conoscevo nulla, nemmeno la lingua. Firmai il mio contratto in inglese. Avevo ricordi dell’Italia nelle grandi competizioni mondiali, di qualche squadra come il Milan, ma poco altro. Ma sono venuto in questo Paese con la mentalità di voler trascorrere del bel tempo giocando a pallone. Soprattutto, sono passato dagli spettatori in Francia ai tifosi in Italia».
Le origini di Platini, quelle dei nonni, lo legano però fortemente al Belpaese. Un luogo che il campione sta riscoprendo in questi anni: «Dell’Italia conosco solo gli stadi, le autostrade e gli alberghi. Ora invece mi sto prendendo del tempo per vivere questo Paese e scoprire la storia dei miei antenati».
Inevitabilmente, il discorso poi si è spostato sul calcio. Prima di tutto sulla persona che Platini ha rappresentato: «Ho sempre pensato che questo sport si giocasse in due, chi vince e chi perde. Non ho mai scherzato con gli avversari o con i loro tifosi, forse per questo non sono mai stato antipatico. Ho fatto il possibile per amare questo gioco, con una filosofia e mentalità forse più francese che italiana».
E poi la vittoria del Campionato Europeo con la sua Francia nel 1984 (in cui fu capocannoniere con nove gol), i Palloni d’Oro, ma anche la consapevolezza che in quel momento Platini non aveva rivali: «Nel 1984 ero il calciatore più forte del mondo? Sì, direi di sì. Il ricordo più bello? I cinque anni alla Juventus, ma soprattutto in Italia. Avere vissuto in questo Paese questa esperienza è stato bellissimo». E poi quel gol magnifico annullato nel 1985, nella Coppa Intercontinentale a Tokyo e l’esultanza passata alla storia, con Platini che si sdraiò per terra: «Ma se mi fossi dovuto arrabbiare per ogni ingiustizia arbitrale...» ha commentato sorridendo amaro. E sugli altri grandi del calcio: «Maradona? Un genio. Zico? Un amico fantastico. Rummenigge? Con lui abbiamo pensato il calcio del futuro».
In tempi più recenti, una battuta su quanto successo dopo il 2016, con in coinvolgimento di Platini in un caso mediatico che ha scosso la stampa internazionale: «Proprio dieci giorni fa mi è arrivata una lettera dalla giustizia svizzera con cui si è chiusa definitivamente questa vicenda. Ma dopo dieci anni ho capito una cosa: quando qualcuno decide di distruggerti, può farlo. Tuttavia, sapevo che avrei vinto. In questi casi bisogna avere pazienza perché non sai mai quando può arrivare il tuo momento per attaccare e chissà, colpire in contropiede».

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