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Festival dello Sport

«Fede» accende il Festival dello Sport di Trento

La verve partenopea di Massimiliano Rosolino, che ha condotto con Diletta Leotta la cerimonia di inaugurazione del secondo Festival dello Sport di Trento, ha aperto il tardo pomeriggio della prima giornata della manifestazione. Sul palco del Sociale, l’ex campione di nuoto, a proprio agio nei panni di conduttore frizzante e dalla battuta pronta, ha iniziato mostrando una foto della collega di conduzione, undicenne, in costume da giovane atleta di nuoto (a livello regionale). Con brio, i due conduttori hanno chiamato sul palco i rappresentanti delle istituzioni locali. Il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha ricordato il ruolo del Trentino nell’organizzazione di alcune gare dell’Olimpiade invernale 2026, nella squadra di Milano-Cortina insieme all’Alto Adige. Il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, ha invece sottolineato come la città metta tutta se stessa, le sue strade, le sue piazze, le sue sale, in questa manifestazione, che permette ai giovani di crescere, vedendo da vicino positivi modelli di riferimento del mondo sportivo. Il presidente di Rcs Urbano Cairo ha promesso di rimanere al Festival fino a domenica, attratto dai tanti eventi, con un occhio di riguardo, lui che è presidente del Torino Calcio, all’evento di domenica dedicato al Grande Torino, «forse il primo dei Fenomeni». Atleta simbolo dello sport trentino, l’ex ciclista Maurizio Fondriest ha ricordato la fertilità del Trentino nello sfornare campioni, da Moser a Nones, da Simoni a Zorzi, ai contemporanei Trentin e Moscon, con una grande tradizione nel ciclismo. Alla domanda se non sono davvero un numero enorme i campioni portati a Trento in questi quattro giorni, il direttore scientifico del Festival, Gianni Valenti, ha risposto: «Ci piace alzare l’asticella. Tra le chicche di questa edizione abbiamo Roberto Baggio, che si concede davvero poco; Buffon e la D’Amico, coppia nella vita, che si intervisteranno tra loro; Bobo Vieri in collegamento con Ronaldo (dal Brasile); il Milan di Sacchi; gli azzurri dello Sci; gli Harlem Globetrotter; Nibali; la mostra su Schumacher al Palazzo delle Albere, solo per citarne alcuni. «Sono fenomeni anche gli atleti paralimpici che gareggiano e vincono con disabilità fisiche importanti, come di recente nel nuoto» ha voluto rimarcare il presidente del Cip, Luca Pancalli. Sportivi che sanno apprezzare con gioia quanto riescono a fare, anche quando la vita ha tolto loro qualcosa. E poi è stato il turno della Divina, l’atleta italiana più conosciuta al mondo, Federica Pellegrini da Spinea. La Divina. Quindici anni di successi. Il prossimo anno, a 32 anni, lascerà le corsie delle piscine. Dopo le Olimpiadi di Tokio. «Il nuoto – ha detto al direttore Andrea Monti della Gazzetta – è così duro che non vai alle Olimpiadi solo per fare passerella…». Elegante e disinvolta, Fede ha abbracciato la sua cagnolina Vanessa, un bulldog francese, portato sul palco da mamma Cinzia e papà Roberto («averla con me mi dà serenità»), ha annunciato che sta girando una docufiction che verrà presentata dopo Tokio, ha riconosciuto che non può che farle piacere essere chiamata la Divina, ma ha anche confessato le sue debolezze: che non ama nuotare nel mare aperto, dove non vede il fondo, e che da bambina, pur messa in vasca da piccolissima, non riusciva a mettere la testa sott’acqua. Il presidente del Coni Giovanni Malagò, a fine cerimonia ha annunciato che a fine carriera Federica potrebbe essere candidata a membro del Cio, il Comitato olimpico internazionale.

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